Ricordi la sensazione che hai provato ascoltando per la prima volta la canzone della band che sarebbe poi diventata la tua band preferita? Quel senso di gioia, di incredibile contentezza e stupore, una rivelazione, la consapevolezza che il mondo fosse diventato improvvisamente interessante tutto a un tratto. Riusciamo a ricordare quell’esatto momento anche dopo decadi, ma non riusciamo più a riprodurlo con altra musica. Perché? Scopriamolo!
Dopo i 30 diventiamo… monotoni?
Ricordi quando i tuoi genitori ti dicevano che “la musica ai nostri tempi era ben migliore di questa roba moderna che ascolti tu”? Purtroppo, tu sei destinato a fare lo stesso. Svariati sondaggi condotti da Deezer e Spotify hanno evidenziato che, attorno ai 28/30 anni d’età, le persone entrano in una cosiddetta “paralisi musicale” in cui iniziano ad ascoltare a ripetizione la musica che ascoltavano a 20 anni e non si prendono la briga di ascoltare null’altro.
I sondaggi hanno evidenziato diverse motivazioni, una delle quali è sicuramente legata al cambio di vita raggiunto attorno ai 27-30 anni d’età: si diventa più sedentari, si compra casa, il lavoro risucchia molte energie e famiglia e figli occupano molto tempo durante la giornata.
Sorprendentemente però, quello del ‘cambio vita’ non è il motivo più gettonato: la causa principale è l’incredibilmente ampia e opprimente quantità di musica a disposizione dell’utente, che finisce per essere semplicemente troppa da gestire.
Ma… io ascolto un sacco di musica diversa!
Ovvio, e molto probabilmente è tutta musica che hai scoperto e/o consolidato nel tuo spettro dei gusti personali quando eri più giovane. L’età perfetta per scoprire nuova musica, secondo il sondaggio, è stata fissata a 24 anni: si è maturi abbastanza per avere una mentalità aperta e propositiva ma anche giovani e pieni di energie a sufficienza per avere tempo e risorse per scoprire nuova musica.
In più, ti basti pensare alla metodologia con la quale eri solito scoprire nuova musica prima della rivoluzione dello streaming: passaparola tra amici, forum su internet, chat e televisione – canali diversi che filtravano molta della proposta musicale presente in modo da proporti un prodotto finale più mirato e una scelta meno generosa che permetteva di non incorrere nella paralisi decisionale.
Con i servizi di streaming disponibili oggi hai tutto il catalogo musicale globale nelle tue mani: probabilmente, è troppa musica da poter gestire da un solo individuo. Strumenti come le playlist o algoritmi che ti propongono scelte musicali conformi agli artisti che ti piacciono già aiutano molto: nonostante ciò, finiscono per l’essere deleteri se il tuo scopo primario è scoprire musica completamente nuova e totalmente slegata da ciò che ascolti di solito.
Emozioni e nostalgia giocano un ruolo
La musica è la colonna sonora della nostra vita e siamo emotivamente legati ad essa, soprattutto se ci fa ricordare momenti salienti della vita: fidanzamenti, rotture, successi, fallimenti, scuola e amicizie.
Ti basti pensare che ogni generazione ha la propria “canzone“. Creep dei Radiohead è una delle canzoni più popolari per le persone che hanno circa 38 anni ad oggi – persone che, nel 1993, quando uscì la canzone, erano nel cosiddetto “sweet spot” musicale/emotivo.
Musica nuova = cervello felice
Valorie Salimpoor, autrice del libro “The Brain and New Music“, sostiene che la nostra vita è una routine prevedibile e poco soggetta a cambiamenti. Ciò non ci permette di sperimentare emozioni intense (catartiche, quasi), portandoci a ‘riviverle’ attraverso la musica: determinate canzoni attivano sostanze chimiche nel cervello che ci fanno sentire bene. La musica, come già raccontato più volte con i nostri articoli qui sul blog, ha un effetto benefico anche in presenza di patologie e malattie degenerative (è una cura per la depressione, ci fa tornare in mente i ricordi anche se soffriamo di Alzheimer e molto altro)
Esplorare musica nuova significa anche creare nuovi ‘percorsi‘ nel nostro cervello: gli schemi ricorrenti di determinati generi musicali vengono ‘assimilati’ a mo’ di spugna dal nostro cervello, il quale poi riesce subito a riconoscere e familiarizzare con un brano di un genere simile, facendocelo piacere da subito. Ascoltando musica nuova e generi mai sentiti prima, forziamo il cervello ad espandere il nostro bagaglio di schemi, permettendoci di apprezzare più musica.
Infine, è bene non fissarsi sempre sulle solite canzoni in loop per permettere al cervello di rimanere attivo durante la fase di analisi ed elaborazione di musica nuova. Sono stati condotti studi che provano una correlazione tra nuove playlist in shuffle e i livelli di dopamina nel cervello.
È assolutamente OK avere generi ed artisti preferiti. Detto ciò, fa sempre bene tenere in allenamento il cervello e ampliare il proprio bagaglio culturale – di certo male non fa!
Ti senti all’interno di una cosiddetta paralisi musicale? Come stai cercando di uscirne? Facci sapere!
Comments 7