Guida intergalattica per ascoltatori del silenzio

Guida intergalattica per ascoltatori del silenzio

Dalle metropoli ai piccoli paesi di campagna, a causa del lockdown la nostra colonna sonora quotidiana ha cambiato aspetto: il rombo del traffico aereo, il basso bordone degli snodi stradali, l’eterogeneo brulicare della vita di tutti i giorni e persino i suoni dei cortili delle scuole hanno lasciato il posto a tutte quelle frequenze che, fino a un mese fa, non potevano essere percepite perché sormontate da voci più forti. 


In questo periodo, in molti affermano di percepire uno strano silenzio e, abituati alla vibrante “musica astratta” della vita contemporanea, faticano a convivere con il nuovo paesaggio sonoro. Ma che cos’è davvero il silenzio? E come possiamo sfruttarlo nelle nostre pratiche musicali? Ecco una piccola guida intergalattica per ascoltatori del silenzio che spero potrà arricchire i vostri esperimenti creativi.

 

Ascoltare le voci dello spazio

Quando evochiamo la parola “silenzio“, ci vengono in mente le immagini di luoghi isolati: vette di montagna, deserti, prati sconfinati e altre quiete ambientazioni che escludono la presenza dell’uomo e dell’urbanizzazione. Se vogliamo riferirci in concreto al silenzio, il nostro pensiero si deve rivolgere allo spazio, tra stelle, galassie e pianeti. 

I suoni che udiamo ogni giorno sono oscillazioni di particelle provocate da movimenti vibratori che si propagano meccanicamente in un mezzo fisico (l’aria); nelle distanze celesti non c’è alcun mezzo che potrebbe servire da supporto per le onde sonore e non è dunque possibile alcuna propagazione di vibrazioni. I suoni delle esplosioni dei pianeti o delle astronavi dei film di fantascienza sono fantasiose immaginazioni: lo spazio è un luogo silenzioso. 

Grazie alla ricerca e alla tecnologia, attraverso particolari dispositivi siamo capaci di catturare i dati di alcune radiazioni del cosmo – come le onde radio, che non sono suoni! – e di convertirli e tradurli in materiale udibile dall’uomo; in questo modo è possibile dare una “voce” a molti fenomeni astrofisici. 

Da qualche tempo, la NASA ha messo a disposizione alcune delle affascinanti traduzioni effettuate nel corso delle esplorazioni spaziali, offrendole gratuitamente all’ascolto e alla creatività di quanti vogliano cimentarsi in nuovi esperimenti musicali. Per maggiori informazioni visita questa pagina https://www.nasa.gov/connect/sounds/index.html o ascolta subito i suoni su https://soundcloud.com/nasa.

 

Pianificare un’esperienza nella camera anecoica

Scienziati e fisici di tutto il mondo si sono impegnati per creare un ambiente il più vicino possibile al concetto di “silenzio assoluto“: costruite per testare attrezzature elettroniche o per condurre studi di acustica e psicoacustica, le camere anecoiche sono luoghi realizzati in modo da assorbire e abbattere la maggior parte delle riflessioni sonore. Il compositore John Cage ebbe l’opportunità di visitarne una nei primi anni Cinquanta, all’Università di Harvard; in quella situazione silenziosa e solitaria, Cage udì due suoni, uno alto e uno basso. Incuriosito dall’ascolto, chiese delucidazioni al tecnico di laboratorio il quale gli spiegò che il suono alto era quello del suo sistema nervoso in funzione, mentre quello basso apparteneva al suo sangue in circolazione. 

Il Polo Scientifico e Tecnologico dell’Università di Ferrara ha una sua camera anecoica e nel settembre 2019, durante uno speciale open day, ha permesso ai visitatori di fare questa strana esperienza percettiva. Se l’avventura vi intriga, consiglio di cercare quei centri di ricerca che possano offrirvi un viaggio speciale nel non-silenzio.

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Riscoprire la storia per trarne ispirazioni

Nel 1952, Cage scrisse un’opera silenziosa che riportava nel titolo la sua durata complessiva espressa in minuti e secondi: 4’33”. Al suo debutto, la composizione fu eseguita al pianoforte da David Tudor; il pianista aveva come unico compito quello di non suonare e segnalare al pubblico l’inizio e la fine dei tre movimenti del brano aprendo e chiudendo il coperchio della tastiera. Fu così che “il silenzio” fu inserito nel programma di un concerto: per quattro minuti e trentatré secondi il pubblico in sala fu costretto ad ascoltare i rumori dell’ambiente in cui era immerso, dallo scricchiolio delle sedie ai colpi di tosse, dal suono del traffico oltre le finestre al respiro del vicino di poltrona. Con questa potente e controversa scrittura, Cage svelò un paradosso: il silenzio altro non è se non il prezioso suono dell’ambiente che ci circonda e tutto l’udibile si elevò improvvisamente a oggetto artistico. 4’33” non è un atto di negazione della musica ma, al contrario, l’affermazione della sua onnipresenza. Ecco l’esecuzione di 4’33” proposta dalla band metal Dead Territory:

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Praticare la Musica universale e scoprire il paesaggio sonoro

Dopo l’esperienza di 4’33” iniziarono a fiorire numerose composizioni che ponevano al centro lo spettatore e l’intenzionalità dell’ascolto, proponendo i suoni dell’ambiente come musica universale. Se l’udire è il mezzo fisico che abilita la percezione, ascoltare significa dare attenzione a quanto si è percepito, acusticamente e psicologicamente. Con le sue istruzioni verbali scritte su cartoncino, nel 1963 Yoko Ono chiese al pubblico di ascoltare il suono del battito di un cuore (Beat Piece); con la serie di concerti Listen (1969), Max Neuhaus portò invece le persone a fare esperienza di luoghi urbani dall’inascoltato fascino sonoro: nelle aree sottostanti a trafficati cavalcavia, nelle centrali idriche o alle fermate della metropolitana, era chiesto al pubblico  di immergere le orecchie nel suono che lo circondava. 

Qualche anno dopo, nel 1971, nascerà il concetto di paesaggio sonoro, definito come l’insieme di tutti i suoni, ovunque ci troviamo. In questo breve e intenso filmato, Raymond Murray Schafer ci guida alla scoperta del paesaggio sonoro:

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Aumentare la consapevolezza 

Dare valore al silenzio significa aumentare la nostra consapevolezza del suono e potenziare le nostre capacità di concentrazione nelle fasi di ascolto. Quante volte vi sarà capitato, durante le vostre jam, di “perdere” il suono del vostro strumento, fagocitato dalle frequenze degli altri? 

La compositrice americana Pauline Oliveros trovò che la costruzione di particolari esercizi chiamati Sonic Meditations potesse aiutare i musicisti nelle pratiche di improvvisazione. Stilate in forma di istruzioni performative, le prime Meditations furono sviluppate negli anni Settanta durante alcune sessioni di improvvisazione con l’obiettivo di offrire ai partecipanti indicazioni per il coinvolgimento attivo dell’ascolto; gli esercizi di Oliveros si proponevano di dare strategie per la risposta musicale ed erano capaci di mantenere elevata la considerazione all’unisono di se stessi, degli altri e dell’ambiente. Se vi incuriosiscono, Le Sonic Meditations sono state raccolte nell’omonimo libricino edito da Smith Publications e le potrete trovare nel web.

Se desiderate lanciarvi nel potenziamento delle vostre abilità, il collettivo milanese Standards ha messo a disposizione on-line una serie di pratiche fatte di osservazioni, ascolti e relazioni di reciprocità con l’ambiente che stiamo vivendo: si tratta di un insieme di partiture ed esercizi per avvicinarci alla realtà del quotidiano in diversi modi e velocità. Le trovate qui, nella sezione “Quarantine Workout”: https://www.standardstudio.it/quarantine-workout

 

Ascoltare canzoni iconiche con un nuovo punto di vista

Il potenziale creativo del suono quotidiano portò molte band e produttori a creare collage, intrusioni e ambientazioni sonore dal sicuro effetto. Divertiti dai risultati resi possibili attraverso l’editing del nastro magnetico, i “soliti” Beatles manipolarono a tal punto la registrazione di una risata di McCartney da renderla simile al verso di un gabbiano, arricchimento iconico in Tomorrow Never Knows (1966); l’anno successivo, lo stesso McCartney presentò al festival Million Volt Ligh la misteriosa – e oggi purtroppo scomparsa – Carnival of Light, composizione per nastri magnetici realizzata durante una pausa dalle registrazioni di Sgt. Pepper. 

Nella prima traccia del loro omonimo studio-album di esordio, i Black Sabbath enfatizzarono l’ambientazione del disco con il sonoro di una campana a morto ripresa durante un temporale. Come affermò una volta Ozzy Osbourne, l’idea fu del produttore, Roger Bain, che aggiunse a loro insaputa le registrazioni contenute in alcuni nastri che aveva con sé; comunque sia andata la faccenda, l’addizione naturalistica completò per bene l’immaginario evocato da Black Sabbath. 

Tra i tanti esempi che potremmo ancora citare, ricordiamo anche l’intro di Time (1974) dei Pink Floyd che approfittarono dello zampino creativo di Alan Parsons per inserire i suoni di varie sveglie registrate nel negozio di un antiquario. 

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Costruire il mondo di domani con i suoni di oggi

Un interessante esperimento globale chiamato “Cities & Memories” raccoglie le registrazioni ambientali di molti luoghi sparsi per il mondo prima dell’avvento dell’epidemia e li abbina ad altrettante nuove tracce: questi brani possono documentare il reale cambiamento sonoro di un posto o essere delle interpretazioni artistiche sul futuro. I suoni della mappa sono per ora oltre 3000, incisi in 90 diversi paesi e territori; le registrazioni documentano un’infinità di paesaggi, dai rumori del porto di San Francisco alle canzoni dei pescatori del Turkana, passando per Venezia, Taipei e Birmingham. Chiunque può prendere parte all’iniziativa: ognuno può partecipare inviando qualsiasi forma di nuovo immaginario sonoro, purché legata a un luogo. https://citiesandmemory.com/what-is-cities-and-memory-about/


Ringraziamo Filippo di Chi ha paura del buio per l’aiuto nella stesura del paragrafo “Ascoltare le voci dello spazio”. Se l’astrofisica vi appassiona, seguite la loro pagina Facebook: https://www.facebook.com/NextSolarStorm/

Articolo scritto da Johan Merrich


Che rapporto hai in questo periodo con il tuo paesaggio sonoro? Ti ha dato qualche stimolo per la produzione di opere musicali? Raccontacelo in un post!

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La passione di Simon per la musica nasce molto tempo fa, fino a portarlo al diventare arrangiatore, chitarrista e autore di musica auto-prodotta, pubblicata con la sua band, gli Onyria.

1 commento

    Vivo in un piccolo paese, lontano da suoni e rumori. Attorno a me c’è pace e silenzio, reso ancor più evidente da quando ho sostituito i serramenti adottando doppi vetri di “ultima generazione”.
    Inizialmente ho notato l’assenza di qualcosa che poi ho capito essere “il normale rumore di sottofondo” delle persone e delle loro attività.

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