C’è ancora spazio per la musica live in Italia?

C’è ancora spazio per la musica live in Italia?

In quanto musicista ed amante della musica spesso mi chiedo se la musica live, di questi tempi, sia ancora ‘fattibile’. Nell’era della musica in streaming, dei video musicali fini a se stessi e dei concerti eseguiti in diretta live sui social network sembra proprio che nessuno sia più interessato a pagare il biglietto per entrare in un locale e ascoltarsi della buona musica.


I festival, forse, riescono ancora a tenere alta la bandiera delle esibizioni live del mondo. Probabilmente perché rappresentano occasioni perfette per l’aggregazione sociale, momenti da condividere con gli amici e offrono l’opportunità di scoprire nuova musica. Economicamente parlando poi, il prezzo del biglietto di un festival (o di un intero weekend) rapportato a ciò che si va a ‘consumare‘ è piuttosto equo: qualche decina d’euro per ascoltare band e generi musicali diversi.

In Germania festival quali il Rock Am Ring o il Wacken Open Air radunano centinaia di migliaia di amanti della musica da tutto il mondo. I numeri sono impressionanti e pare che, nonostante il cosiddetto declino dell’industria discografica, il settore non risenta minimamente della crisi. Ma qual è, invece, la situazione in Italia?

Ho provato a chiederlo agli amici, e la risposta è sempre stata univoca: “disastrosa“. Dall’annullamento (boicottamento?) del Sikelian Hell Fest ad opera della Chiesa, alla fine dell’Heineken JamminFestival e del Gods Of Metal, sono rimaste ben poche alternative nel Belpaese per godere di un po’ di musica live (soprattutto per generi rock e affini).

Lo scorso weekend sono stato invitato al Gaul Open Air, un festival altoatesino che da 25 anni permette a musicisti locali e non di esibirsi nella suggestiva Gola di Lana (Gaulschlucht). Conoscevo già l’evento e mi sono recato sul luogo con grandi aspettative. Ciò che ho trovato è stato uno zoccolo di irriducibili fan della musica che non demorde.

Nell’era dei social trovare fuochi da campo attorno ai quali ragazzi (minorenni per la maggior parte) si radunano e parlano senza l’ausilio di smartphones, vedere il biliardino (o calcetto? ;)) sempre assediato per partite all’ultimo gol e studenti delle medie che suonano Metallica e pogano al ritmo del punk rock mi ha fatto sorridere.

Forse perché da troppo tempo sono abituato (o siamo abituati?) a vedere le nuove generazioni sempre più immerse negli schermi dei propri dispositivi, alienati dal mondo reale; forse perché ogni tanto a noi degli anni ’80 piace dire che “la buona musica la ascoltavamo solo noi”; o forse solo perché non abbiamo fiducia nel futuro.

Sta di fatto che mi sono parzialmente ricreduto. Continuo a pensare che uno dei più grossi problemi del nostro Paese, sotto il lato musicale, sia l’assenza di una cosiddetta ‘educazione musicale’ che porta (o non porta) le persone ad approcciare la musica in maniera superficiale, senza troppa passione o impegno.

Tolto ciò, è comunque positivo vedere che nonostante la predominanza dei generi di consumo nel music business, le persone continuino a imbracciare gli strumenti spinti dalla voglia di creare e condividere un progetto con gli amici – nonostante idoli delle generazioni odierne non siano più Kurt Cobain e Chris Cornell ma Nicki Minaj e Sfera Ebbasta.

Un plauso va agli organizzatori di festival ed eventi musicali (come il Gaul Open Air, per l’appunto), che continuano a tenere viva la fiamma della musica vera, suonata e autentica impiegando tutte le loro forze per dare ai giovani un’alternativa valida ai sabato sera passati in discoteca.


E voi cosa ne pensate? La situazione in Italia è disastrosa, salvabile o migliore di ciò che sembra? Condividete con noi le vostre esperienze in ambito musica live con un commento qui sotto o sul post su Facebook!

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La passione di Simon per la musica nasce molto tempo fa, fino a portarlo al diventare arrangiatore, chitarrista e autore di musica auto-prodotta, pubblicata con la sua band, gli Onyria.

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