4 gruppi alternative rock con voce femminile

4 gruppi alternative rock con voce femminile

Introduzione

Come purtroppo già sappiamo, l’immagine del rock è automaticamente associata al mondo maschile: rude, aggressivo e dalle sonorità a tratti anche disturbanti, è sempre stato considerato ben poco adatto alle “femminucce”. È inoltre cosa nota che, come in tutti i settori, le donne in musica fatichino maggiormente ad emergere se si tratta di generi come il rock; di conseguenza, se si parla di band rock il pensiero va subito a band la cui l’iconicitá è legata all’immagine inflazionata delle rockstar: ovviamente ed indiscutibilmente di sesso maschile.

Peccato che la musica rock non sia solo questo: esistono tante donne che, con la loro grinta, sono state indiscusse protagoniste di questo genere e che hanno contribuito ai suoi sviluppi. Abbiamo selezionato per voi 3 band alternative rock con voce femminile che hanno lasciato un impronta fondamentale nel panorama musicale internazionale e che ad oggi sono tra le band icona più importanti del loro genere.

Buona lettura! ?


The Cranberries 

Con una stima di 40 milioni di album venduti nel mondo, il gruppo rock irlandese Cranberries ha letteralmente  dominato la scena alternative rock degli anni 90, al punto di diventare una vera e propria icona di quel decennio.

Con il loro album di debutto “Everybody Else Is Doing It, So Why Can’t We?“, che divenne un successo commerciale in tutto il mondo, i Cranberries entrano nell’ateneo delle band rock di successo. Album dopo album, la band irlandese miete successi grazie a svariati singoli, molti dei quali entrarono nella classifica Billboard 200: “Linger“, “Dreams“, “Zombie“, “Ode to my family“, “Ridiculous Thoughts“, “Salvation“, “Free to Decide” e “Promises“.

Il loro brano più famoso, Zombie, sul conflitto in Irlanda del Nord, venne premiato agli MTV Europe Music Awards nel 1995 come migliore canzone dell’anno e da allora, la band verrà ricordata specialmente grazie a quel brano, divenuto un manifesto contro la guerra. 

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Con ben 10 album pubblicati e svariati riconoscimenti, il contributo musicale della band è stato inestimabile. Tra le loro influenze più grandi, diversi gruppi inglesi come the Cure, Joy Division, Siouxsie and the Banshees, Echo & the Bunnymen, the Clash e the Smiths. La O’Riordan ha anche menzionato Sinead O’Connor e Siouxsie Sioux come suoi grandi riferimenti e fonti d’ispirazione.

Sfortunatamente, il decesso della celebre front woman, Dolorès O’Riordan, è stato fatale per il gruppo, il quale ha dichiarato nel settembre 2018 di non voler continuare come band, pubblicando il loro ultimo album “In the End” nell’aprile 2019.

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Garbage

I Garbage sono un gruppo musicale alternative rock statunitense, con alle spalle sette album in studio di successo: “Garbage“, “Version 2.0“, “Beautiful Garbage“, “Bleed Like Me“, “Not Your Kind of People“, “Strange Little Birds” e il recentissimo “No Gods No Masters, album che hanno totalizzato oltre 17 milioni di copie vendute in tutto il mondo.

I membri del gruppo, Steve Marker, Duke Erikson e Butch Vig (noto per aver prodotto l’album Nevermind dei Nirvana), vennero in un certo senso ‘facilitati’ nella creazione del progetto Garbage grazie alle ampie conoscenze in ambito studio. La vera fortuna dei tre fu però l’incontro con quella che sarebbe diventata la voce ed il volto dei Garbage: Shirley Manson. La scozzese ex membra dei Goodby Mr Mackenzie e Angelfish era un connubio di sensualità e presenza scenica stile “riot girl” che, grazie alla sua voce ipnotica dalla grinta alla Patty Smith, trasformò in poco tempo i Garbage in una delle band più innovative ed eclettiche dell’alternative rock di metà anni 90.

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Shirley divenne ben presto un’icona del rock al femminile e la band, ormai sulla cresta dell’onda, collezionò successi come nomination ai Grammy Award (ben 57) e vincite di quindici premi tra cui i Brit Awards.

Le canzoni dei Garbage possono essere definite come raffinate composizioni dalle sinfonie pop, che scavallano il muro dell’alternative per attingere dalle sonorità new wave, dance e, se vogliamo, glam-rock. La pregressa esperienza in studio dei tre fondatori, si può distinguere facilmente nella realizzazione dei brani, conseguentemente venuti alla luce grazie ad un complesso lavoro in studio mediante tastiere e campionamenti. Furono sicuramente questi gli ingredienti del loro successo e testimone di ciò ne furono le oltre 3 milioni di copie vendute dell’ album d’esordio del 1995; la band lasciò il segno sul grande pubblico quanto sulla critica, grazie alle sue ballate non troppo tradizionali e le sue travolgenti hit.

 

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Veruca Salt 

Fondato a  Chicago, Illinois, nel 1992 dai vocalist-chitarristi Nina Gordon e Louise Post, dal batterista Jim Shapiro e dal bassista Steve Lack, i Veruca Salt sono meglio conosciuti per il loro primo singolo, “Seether” del 1994. Il brano venne diffuso dalla Minty Fresh Records nel 1994 riscuotendo un inaspettato successo che li portò ad accompagnare il gruppo Hole in tour.

Con un mix di sonorità metal e voci delicate a goccia di rugiada delle frontwoman Nina Gordon e Louise Post, il singolo esplica la rabbia femminile in un’epoca in cui le donne nel rock pretendevano di affermarsi a gran voce e con orgoglio. Come tutte le migliori band di quel periodo, anche i Veruca Salt stavano riuscendo ad affermarsi con discreta facilità: il loro potenziale da rock star apparve subito chiaro quando dopo pochi mesi on the road si esibirono sul palco principale di Glastonbury nel 1995 ed il pubblico rimase tutt’altro che impassibile durante la loro esibizione.

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Si può dire che la band stesse cavalcando un’ondata di clamore e voglia di cambiamento piuttosto preponderanti in quel periodo, e la scena di Chicago era a quel punto considerata l’epicentro del rock americano mentre lo splendore di Seattle stava del tutto svanendo, (Kurt Cobain si sarebbe tolto la vita poco dopo). Chicago aveva già prodotto gli Smashing Pumpkins – una band grunge dalle influenze rock prog e i Veruca Salt sembravano avere le stesse carte in regola, ma con una componente nuova: due cantanti donne che suonavano il femminismo in chiave heavy rock con vena pop.

Nonostante il successo, alcuni membri della band decisero di lasciare la band e quando nel 1998 anche  Nina Gordon lascia la band per intraprendere una carriera solista, Louise Post rimane l’unico membro originale della band. Nel marzo 2013, la band annuncerà la propria riunione con la formazione originale composta da Nina Gordon, Louise Post, Jim Shapiro e Steve Lack dal quale daranno vita al primo singolo dopo quasi due decenni di inattività

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The Pretenders

Sono gli inizi degli anni settanta, Chrissie Hynde, statunitense di nascita, si trasferisce a Londra in cerca di fortuna. Fa prima tappa nel negozio di Malcolm McLaren, la celebre “mente dei Sex Pistols”, in cui lavorerà per un po’ e poi diviene giornalista di musica del New Musical Express.

Già addentrata nell’ambiente musicale, Chrissie forma nel 1978 i Pretenders assieme al
bassista Pete Farndon, al chitarrista James HoneymanScott e al batterista Martin Chambers; il loro singolo di debutto, “Stop your sobbing”, è in realtà una rielaborazione di un vecchio successo del gruppo Kinks, che diverrà per la band il preludio di una carriera di tutto rispetto. Con il primo album, promosso subito con un tour americano, arriva il successo che coglie i Pretenders quasi impreparati: i quattro piacciono, e parecchio, alche il gruppo non perde tempo e nel 1982 rilascia un secondo album dal nome “Pretenders II“.

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Sfortunatamente però, una disgrazia piomba sulla band nel bel mezzo della sua ascesa: HoneymanScott e, successivamente, Farndon, muoiono di overdose, lasciando il gruppo nello sconforto. Un anno dopo, viene rilasciato il disco “Learning to Crawl“, con Robbie McIntosh e Malcolm Foster a completare la formazione ormai dimezzata. Dopo una breve e parentesi di riuscita collaborazione con gli UB40 (“I got you babe” e “Breakfast in bed”), nel 1987 vi è un ritorno del gruppo nelle scene: “Get Close” è il quarto album per i Pretenders, ma nonostante le aspettative, non riceve particolari lusinghe dalla critica, che anzi definisce l’album troppo pop.

Non è dello stesso avviso il pubblico, che gradisce in particolar modo il singolo “Don’t get me wrong”. Gli anni 90’ sono anch’essi anni produttivi per la band: nel 1990 esce “Packed!“, nel ‘94 “Last of the Independents” , (che catapulta nuovamente la band in classifica con il brano “I’ll stand by you”) e nel ‘95 “The Isle of View“, un album interamente dal vivo. Seguiranno poi quattro anni di silenzio, dopo i quali verrà rilasciato l’album “Viva El Amor“. Il 2002 è l’anno di “Loose Screw“, l’album che precederà “Pirate Radio“, un quadruplo comprendente un DVD con rare esibizioni.

Nel 2008 poi “Break Up the Concrete” mentre nel 2016 esce sarà la volta di “Alone“. Infine, nel 2020 viene pubblicato l’album “Hate for Sale“, prodotto da Stephen Street e con alla batteria Martin Chambers, membro fondatore della band che, su disco, era assente dal 2002.

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Conclusione

Come abbiamo visto, anche nella scena rock alternative ci sono state grandi band con icone femminili che nel corso dei decenni hanno dato un’apporto innegabile a questo genere. Alcune più note ed affermate, altre meno riconosciute ma tutte, e dico tutte, hanno lasciato una traccia indelebile nella storia della musica. Brani e testi che sono rimasti nella memoria di tutti e che spesso hanno ispirato.

C’è chi afferma che il rock sia morto negli anni 90, chi negli anni 2000, è così? E se fossero un’altra volta le donne, in questo genere, a smentire?


Articolo scritto da Elena P.


 

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La passione di Simon per la musica nasce molto tempo fa, fino a portarlo al diventare arrangiatore, chitarrista e autore di musica auto-prodotta, pubblicata con la sua band, gli Onyria.

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